Mi chiamo Katia e sono la figlia di Bruno che frequenta il Club 64 di Ruda. Purtroppo vivo con la famiglia lontano dai genitori e per questo non posso partecipare alle riunioni delle famiglie del Club, anche se quando ci sentiamo per telefono mi parla di cosa si fa nel Club e del percorso che sta facendo insieme a mia madre.
Questa sera in occasione dell’Interclub di Aquileia, sono venuta qui insieme a mia figlia e ad altri parenti perché ho saputo che i genitori dovranno ricevere l’Attestato dei due anni di sobrietà. Anche se ho deciso di intervenire per fare una testimonianza, sono tanto commossa da non riuscire a trattenere le lacrime. L’emozione è riuscita a prevalere su di me, ma quello che provo dentro nel cuore lo voglio dire a tutti voi che siete presenti all’Interclub.
Sono orgogliosa di mio padre perché non solo è riuscito a smettere di bere, ma quello che ritengo importante è che il suo comportamento è cambiato e questo si vede nei rapporti che ha con me ed i figli, con mia madre e gli altri parenti e non solo all’interno della famiglia, ma anche nel modo di rapportarsi con gli altri e nella comunità, cosa impensabile in passato. Ed anche se in questo momento non può parlare a causa di un intervento chirurgico, mi basta guardarlo negli occhi per capire che mi sta dicendo tante più cose adesso che quando parlava ma bevevo.
Un grazie a mia madre perché si è comportata in modo tale da non lasciare solo mio padre e di percorrere insieme a lui quel percorso che ha cambiato un modo di vivere che in precedenza aveva procurato tanti problemi e che ora invece ha fatto bussare ed entrare alla porta di casa la serenità, la tranquillità e soprattutto l’amore e la pace.
Katia Sponton
Mi chiamo Flavio; sono entrato nei programmi nel 1990 e frequento il Club 200 di Fiumicello.
Ricordo bene il mio ingresso al Club; la difficoltà che ho trovato nel varcare quella soglie: avevo in mente un turbinio di paure e di vergogne, mi domandavo”chi troverò ad aspettarmi? Cosa mi chiederanno,cosa penseranno di me?” a darmi forza era la speranza di risolvere quel problema che aveva creato nella mia famiglia tanti disagi, per non dire sofferenze. Tutte queste mie ansie però andavano pian piano svanendo con l’ascolto delle testimonianze delle famiglie del Club; ascoltando i loro vissuti mi convincevo di essere nel posto giusto, che il problema alcol non era solo mio, ma condiviso e questo ridimensionava quel grosso peso che mi opprimeva.
Ricordo ancora tutte quelle famiglie prodighe di consigli e di premurose attenzioni, non tanto dettate dai programmi, ma dal cuore affinché un’altra famiglia riesca a risolvere le sue problematiche ed incominci a vivere una vita migliore.
Da quella lontana accoglienza tanto tempo è trascorso, ma è ancora la matrice che ha plasmato il mio percorso, che ha permesso un cambiamento significativo,all’interno del Club, dell’Associazione, nell’ambito famigliare e per ultimo e non meno importante, nella comunità in cui vivo e porto ogni giorno la testimonianza del mio nuovo stile di vita.
Questo per quanto riguarda l’accoglienza che ho ricevuto; poi nel prosieguo degli anni ho vissuto molti altri nuovi ingressi dalla parte di chi accoglie ed ogni volta era una cosa nuova, diversa, eppure sempre uguale nel produrre emozioni forti e grandi speranze. L’esperienza e il ricordo sempre vivo dei sentimenti provati all’inizio del programma, mi auguro abbiano contribuito a rendere l’ingresso di nuove famiglie sempre più cordiale e gradevole. Questa accoglienza comunque non è da considerarsi un episodio isolato, bensì una costante nel tempo. Nel corso di tutta la nostra esistenza, viviamo un susseguirsi di “accoglienze”: dal grembo materno in poi veniamo accolti in famiglia, all’asilo e a scuola dai compagni e dagli insegnanti, dagli amici, sul lavoro dai colleghi e da tutte le persone con le quali condividiamo la nostra quotidianità. Il tipo di accoglienza, secondo me, modella a sua volta il nostro comportamento. Diventa dunque fondamentale per l’esistenza dell’uomo.
L’accoglienza si potrebbe chiamare anche “ricevimento” con tutto quello che ci suggerisce questa parola: accogliere una famiglia sofferente che ha deciso di fare qualcosa per vivere una vita migliore, io penso, meriti davvero una festa.
Le famiglie che entrano per la prima volta nel Club,secondo me. Dovrebbero essere ricevute come riceviamo a casa nostra i nostri migliori amici, facendole sentire a loro agio, mettendo a loro disposizione la nostra solidarietà, la comprensione e l’esperienza. Questo è quanto credo fermamente. Mi auguro di essere riuscito a trasmettere quello che ho provato scrivendo questa riflessione e quanto io creda in quello che ho testimoniato.
Flavio
La prima volta che ho preso parte ad una serata di Club è stata durante il Corso di Sensibilizzazione che ho frequentato nell’autunno di qualche anno fa. Ricordo bene quel lunedì: mi sentivo emozionata e un po’ tesa, come spesso succede quando si va incontro a qualcosa che non si conosce. Ricordo una stanza molto grande, le sedie disposte in cerchio, le persone del Club che accolgono noi corsisti con un sorriso. Mi siedo un po’ in disparte, mi sembra quasi di essere di troppo confrontandomi con l’atmosfera familiare che emana quel cerchio di persone. Non ricordo con precisione i diversi interventi, rimango colpita dal fatto che tutti sono preoccupati per l’assenza di un componente. Non si tratta di un Club numeroso ma tutte le famiglie parlano, discutono, con delicatezza, su cosa è meglio fare per la persona che non è presente; si capisce quanto sia importante per loro. Viene deciso che sarà una signora ad andarla a trovare, portando i saluti di tutto il Club.
Lo ammetto, rimango sorpresa dell’affetto, dalla sincera preoccupazione, dall’amicizia che traspare da ognuno mentre parla dell’amico assente. Questo pensiero e questa immagine mi riscaldano mentre rientro a casa e mo fanno dimenticare che sono affaticata dalla lunga e intensa giornata, dal viaggio di ritorno, dal venticello pungente di fine ottobre che mi coglie impreparata nei miei abiti semi-estivi. Sono trascorsi degli anni da quel lunedì sera, ma è rimasta costante, quella sensazione di calore che mi accompagna tutt’ora mentre rientro ogni sera al Club. A volte sentendomi più leggera, a volte un po’ pensierosa, ma ogni volta con la sensazione di portarmi dentro un qualcosa di nuovo e arricchente.
Una servitrice insegnante
Tema dell’Interclub di Villa Vicentina del 22/03/2013
Organizzato dal Club 34 “Per una vita libera”
Il cambiamento del legame tra me e l’alcol
Sono passati quattro mesi dall’inizio di un percorso di astinenza, non tanto per me, che non faccio uso d’alcol, ma per un mio familiare. Cos’è cambiato? Posso dire tutto: il mio mondo, la mia vita, i miei pensieri, la serenità in famiglia, ma soprattutto mio fratello!!E’ bello poterlo guardare e sentire mentre si relaziona con gli altri. Prima non apriva bocca. Ora lo osservo mentre è in compagnia dei suoi amici o a casa con i miei familiari e sorride in modo sincero e spontaneo. E’ cambiato davvero tanto in poco tempo e questo suo percorso gli ha permesso che si aprissero piccole porte per un lavoro nonostante questi tempi di crisi. In un momento difficile della sua vita le parole che spesso sentiamo e diciamo, ma non sempre vengono applicate, “gli amici si riconoscono nel momento del bisogno”, ora posso capire cosa significano. Ora più che mai voglio dire grazie a tutti questi veri amici che hanno saputo rinunciare a bere per mettersi nelle sue stesse condizioni e condividere il percorso importante e difficile che stava facendo. Lui stesso dice che sono stati fondamentali. Oggi mio fratello conta 127 giorni. Per alcuni possono sembrare pochi, ma per me, che condivido con lui ed i suoi amici questo cammino, sono tanti e mi auguro di cuore che questo numero continui a crescere e non dover mai più ripartire da zero. Non so se potete capire l’emozione che provo, sapendo che gli altri lo guardano con occhi diversi, lo ascoltano, lo stimano e lo considerano, mentre prima, a causa dei bicchieri di troppo veniva escluso quando non si escludeva da solo con il suo comportamento. Per concludere, spero davvero che la parola alcol non abbia mai più la forza di entrare nella mia vita se non per aiutare coloro che hanno bisogno. Sono convinta che se non ci fosse stato il Club i problemi di mio fratello sarebbero ancora da risolvere, grazie a queste serate ha iniziato a dialogare. Voglio dire che questo cambiamento che ho trovato in lui e in molti componenti del Club, mi fanno capire che l’alcol non è indispensabile per vivere, non risolve i problemi, e non serve per divertirsi. Sono le persone con cui cresci che ti sanno chiedere come stai, ogni giorno, senza dar per scontato che tutto vada bene, ma che ti fanno sentir bene come nessun bicchiere di vino o birra potrebbero fare.
Michela
Con la presenza dei Sindaci, Autorità Locali e Regionali.
Seguirà tradizionale Cena Comunitaria.
Segreteria organizzativa: Cel. 3331867652
...La pietà e il compatimento lasciano il tempo che trovano... ...Oltre la pietà, c'è da capire, comprendere ma soprattutto condividere un cammino di crescita personale e sociale in cui si ritrovi la propria identità e dignità caratteristica della persona, e si riacquisti il gusto della convivenza, nella reciprocità che ci fa protagonisti del futuro. Luciano Floramo